Buongiorno e buon lunedì!

Il Dott. Angelo Gemignani, sontuoso anche in questa occasione del Master, ci ha accompagnato nei corridoi delle Neuroscienze. 

Un grazie sentito da tutti noi.

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'UN PASSO AVANTI E DUE DENTRO' di Lorenzo Manfredini

Newsletter n. 39 2018

Le considerazioni della settimana riguardano il counseling: 'Come si valuta l'attività di un counselor?'; e il coaching: 'Come si valuta l'attività di un coach?'

Ad arricchire la newsletter, il post di Laura Barbera: 'In cammino tra natura e vita'.

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'Come si valuta l'attività di un Counselor?' ​​​​​​​​​​
di Lorenzo Manfredini

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Bella domanda. Come si fa a valutare un’attività di counseling che riguarda essenzialmente un tipo di relazione - educativa e di formazione - che deve rispettare il sistema innato di un individuo, le sue motivazioni, le sue valutazioni, il suo controllo e fare in modo che sia in grado di ascoltare i segnali del suo ‘organismo’ e grazie ai quali sia capace di soddisfarne i bisogni?

E’ come dire: ‘se permetti al tuo ‘organismo’ (corpo, emozione e mente) di dispiegarsi, soddisferai i tuoi veri bisogni!’. Bella forza. Il problema è che l’organismo viaggia su binari diversi da quelli cognitivi e non è facile che: ‘dire’, ‘fare’ ed ‘essere’, siano sintonizzati.

Ecco allora che il criterio di valutazione di un’attività di counseling diventa la realizzazione di uno spazio elettivo di accoglienza, ascolto, neutralità positiva e fiducia incondizionata nell’altra persona. Ed è lì, nella relazione, in quel colloquio, che si dispiegano la maggior parte delle competenze del counselor (abilità sociali e competenze comunicative, abilità di stimolo nei processi decisionali e nel problem solving) nel risvegliare le tendenze accrescitive del cliente e le sue potenzialità.

Nella relazione, il cliente percepisce e racconta la realtà che riconosce attraverso la sua esperienza. In base alle sue mappe, attualizza le potenzialità del suo organismo e riconosce come positive le esperienze favorevoli al suo mantenimento e accrescimento. Cerca pertanto le esperienze che percepisce come positive ed evita quelle che percepisce come negative. Tutto ciò che  implica un cambiamento nella percezione di sé e nei propri atteggiamenti, è avvertito come una minaccia e tende a suscitare resistenze.

Per favorire la realizzazione personale del cliente, l’operatività del counselor viene allora valutata nella sua capacità di aiutare il cliente a riformulare la comprensione delle sue problematiche, facilitare il chiarimento delle sue idee e stimolare l’attivazione delle sue capacità, evitando in modo assoluto di dare consigli, giudizi, rassicurazioni.

Sembra facile? Non lo è!

Il tutto avviene attraverso scambi di sensazioni, azioni e reazioni, e continui feedback reciproci, dove il cliente percepisce se stesso al centro della sua esperienza e il counselor lo aiuta a fidarsi dei dati della sua esperienza e della sua ‘straordinaria’ coscienza.


POST
'Comunicare con il 'mantra'' ​​​​​​​​
di Lorenzo Manfredini

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Quando ci si separa, si arriva al capolinea e si prova dolore. Quando ci sono figli, aumentano le responsabilità e anche le colpe di ‘non aver fatto’, di ‘non aver detto’, di ‘non saper come fare…’. Quando si hanno cose da recriminare all’ex, si rischia di rimanere invischiati in una relazione piena di domande, di aspettative e di comunicazioni interrotte.

Nella separazione, la sensazione di essere messi da parte è penosa. Anche quando le scelte sono state sacrosante, lo strappo fa male.

Il terreno di confronto dopo la separazione, al di sopra delle ragioni e dei torti, è la comunicazione e conta poco meditare sui mantra ‘stai buona’, ‘stai zitta’, ‘non dire niente’, perché ad un certo punto, negli interventi, si esplode. Quasi sempre in modo infelice.

Il tentativo di comunicare da genitori, da ex amanti o da ex sposati, rimangono le stesse e si ripetono senza vie d’uscita. Cambiano gli scenari ma non le modalità comunicative, le aspettative, le richieste, i bisogni. Si agisce drammaticamente dentro un copione.

Prima l’uno ascoltava mentre l’altra stimolava e parlava. Rincorrendosi, magari. Oggi, dopo la separazione, l’una chiede, l’altro alza i muri e non parla che attraverso sms, biglietti, figli, denaro.

Un piccolo nucleo di narcisismo chiede risposte alla propria insoddisfazione carica di colpe e rimpianti, mentre il logoramento procede inesorabile. Una parte interna chiede giustizia, ma non vede altra via che proseguire la crociata, attuando le medesime dinamiche di un tempo andato.

Poi, come nelle favole, accade qualcosa che sembra impossibile. Si arriva ad un punto, dove ci si accorda ad un nuovo punto di vista, un nuovo paradigma, e si smette di essere coinvolti.

Si comunica con quello che c’è, con i comportamenti meno evidenti, sfuggenti e trasversali dell’ex, ma anche dei figli. Si smette di cercare quel sostegno che l’ex non è mai riuscito a far percepire.  Si prende atto che ha fatto altre cose, a modo suo. Si riconoscono e si accolgono le sue modalità.

Se si riesce, si mettono dei confini e si è finalmente liberi dall’ex compagno e da quella bimba interiore che nel pianto e nella disperazione trova chi l’ascolta e la dirige alla maturità degli accadimenti della vita.

Qualcosa mancherà e qualcosa migliorerà. Migliorerà il ‘mantra’ della comunicazione che invece di essere ‘se almeno una volta mi capissi’, diventerà: ‘finalmente libera nelle mie evoluzioni’.

POST dal Blog di STEP



Qualche giorno fa durante una bellissima passeggiata in un orto botanico...

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